La noticia, seguramente, cayó como una bomba en el mundo de la Tradición. Ya se pone en funcionamiento la "topadora" que la "nueva primavera" o "nuevo curso" en la Iglesia está poniendo a punto con el fin de arrasar lo que Benedicto XVI Magno estableció con su máxima autoridad pontificia: la libre facultad de celebrar Misa con el rito antiguo.Las primeras cabezas en caer, en este caso, son las de los Franciscanos de la Inmaculada. A mi, sinceramente, no me llama la atención, ya que el actual Obispo de Roma pone en práctica lo que ya estaba acostumbrado a hacer en Buenos Aires. Preparemonos a las persecuciones que vendrán de lo más alto! A quienes les tocará después?Qué harán los Franciscanos? Resistirán o tal vez aceptarán la injusticia vaticana ofreciéndola a Dios por el bien de la Iglesia?Desde este blog quiero decirles a los Franciscanos, y creo que los lectores coincidirán conmigo, que estamos con ellos y que los apoyaremos con oraciones, pidiendo al Señor, además, por la conversión de los que, abusando de la autoridad conferida, la ejercen de manera arbitraria sin tener en cuenta el bien de las almas. Que Dios perdone el daño y el sufrimiento ocasionados a estos hermanos nuestros.
Miserere
I Francescani dell'Immacolata sulla strada del martirio dei Santi della Chiesa
di Cristina Siccardi

Moltissime anime, dicevamo, stanno soffrendo per questa prova ingiusta perché in profonda contraddizione con il Motu Proprio di Benedetto XVI emanato nel 2007, Summorum Pontificum, che
liberalizzava la Messa in rito tridentino, rito, peraltro, che non è
mai stato abolito e continuava ad essere valido quanto dichiarato da san
Pio V, nella Bolla Quo primum tempore:
«...in
virtù dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a
tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo
generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o
pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso
Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e
lecitamente: così che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e
tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i
Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare
la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta, né,
d'altra parte, possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare
questo Messale.
Nessuno dunque, e
in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e
trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento,
mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto
e inibizione. Che se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi, sappia che
incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli
Pietro e Paolo...».
Ai
Francescani dell’Immacolata non sarà più consentito seguire le norme di
Benedetto XVI, «papa emerito», ancora vivente, scritte nel Summorum Pontificum:
«...Perciò
è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica
del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato,
come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa. Le condizioni per
l’uso di questo Messale stabilite dai documenti anteriori “Quattuor
abhinc annos” e “Ecclesia Dei”, vengono sostituite come segue:
Art. 2. Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare sia religioso, può usare o il Messale Romano edito dal beato Papa Giovanni XXIII nel 1962,
oppure il Messale Romano promulgato dal Papa Paolo VI nel 1970, e ciò
in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro [dalla Messa in Cena
Domini alla Veglia Pasquale inclusa]. Per tale celebrazione secondo
l’uno o l’altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso,
né della Sede Apostolica, né del suo Ordinario.
Art. 3. Le
comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita
apostolica, di diritto sia pontificio sia diocesano, che nella
celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori desiderano
celebrare la Santa Messa secondo l’edizione del Messale Romano
promulgato nel 1962, possono farlo. Se una singola comunità o un
intero Istituto o Società vuole compiere tali celebrazioni spesso o
abitualmente o permanentemente, la cosa deve essere decisa dai Superiori
maggiori a norma del diritto e secondo le leggi e gli statuti
particolari.
§ 3. Ai chierici costituiti “in sacris” è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962».
Siamo di fronte
ad un vero abuso di potere, perpetrato attraverso un’interpretazione
distorta delle norme vigenti: nel diritto canonico non è mai lecito
interpretare le norme contro la loro ratio e, soprattutto, contro la salus animarum,
suprema legge e principio supercostituzionale di tutto l’ordinamento
della Chiesa. Scrive Sandro Magister: i Francescani dell’Immacolata
«si vogliono
fedeli alla tradizione, nel pieno rispetto del magistero della Chiesa.
Tant’è vero che nelle loro comunità celebrano messe sia in rito antico
che in rito moderno, come del resto fanno in tutto il mondo centinaia di
altre comunità religiose – per fare un solo esempio i benedettini di
Norcia – applicando lo spirito e la lettera del motu proprio "Summorum
pontificum" di Benedetto XVI.
Ma proprio questo
è stato loro contestato da un nucleo di dissidenti interni, i quali si
sono appellati alle autorità vaticane lamentando l’eccessiva propensione
della loro congregazione a celebrare la messa in rito antico, con
l’effetto di creare esclusioni e contrapposizioni dentro le comunità, di
minare l'unità interna e, peggio, di indebolire il più generale
"sentire cum Ecclesia".
Le autorità vaticane hanno risposto inviando un anno fa un visitatore apostolico. E ora ecco la nomina del commissario.
Ma ciò che più stupisce sono le ultime cinque righe del decreto dell’11 luglio:
“In aggiunta a
quanto sopra, il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni religioso
della congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata è tenuto a
celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che, eventualmente,
l’uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente
autorizzata [sic] dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o
comunità che ne farà richiesta”.
Lo stupore deriva
dal fatto che ciò che qui viene decretato contraddice le disposizioni
date da Benedetto XVI, che per la celebrazione della messa in rito
antico “sine populo” non esigono alcuna previa richiesta di autorizzazione:
“Ad talem celebrationem secundum unum alterumve Missale, sacerdos nulla eget licentia, nec Sedis Apostolicae nec Ordinarii sui”[1].
Mentre per le messe “cum populo” pongono alcune condizioni, ma sempre assicurando la libertà di celebrare.
In generale,
contro un decreto di una congregazione vaticana è possibile fare ricorso
presso il supremo tribunale della segnatura apostolica, oggi presieduto
da un cardinale, l’americano Raymond Leo Burke, giudicato amico dai
tradizionalisti.
Ma
se il decreto è oggetto di approvazione in forma specifica da parte del
papa, come sembra avvenire in questo caso, il ricorso non è ammesso»[2].
Pertanto i Francescani dell’Immacolata, dovranno attenersi al divieto
di celebrare la messa in rito antico a partire da domenica 11 agosto.
Certo è che la
situazione è davvero grave: diritti soggettivi di sacerdoti e fedeli,
garantiti da almeno 500 anni di costante imperio pontificio e di
consolidata prassi ecclesiale, salvo che per i 38 anni intercorsi tra la
riforma liturgica del 1969 ed il Summorum Pontificum del 2007
(con progressivi allentamenti di tali vincoli, quanto meno a partire dal
1984), vengono ora messi in discussione. Cosa ancora più grave è il
modo con cui ciò viene realizzato: non una riforma legislativa chiara ed
organica, ma l’avallo pontificio di un atto amministrativo, che viene
così reso non impugnabile presso le superiori istanze.
Dev’essere
profondamente tragico e penoso per i Francescani dell’Immacolata,
costretti a celebrare la Messa soltanto nella forma moderna… lacrime
versate per chi e per cosa? Occorre, inoltre, prestare molta attenzione:
il Vetus Ordo non è una realtà chiusa in se stessa. Vivere la
Santa Messa antica significa avere uno stile cattolico diverso,
autentico: nella nuova si vive la mensa, l’ “assemblea” convocata
banchetta insieme e partecipa al sacerdozio, nell’antica il celebrante
compie, in persona Christi, il Santo Sacrificio del Calvario e i
fedeli, che assistono, si abbeverano alla fonte della Grazia
eucaristica. Non si tratta semplicemente di gusti estetici più raffinati
ed eleganti; paramenti sacri più belli o paramenti più brutti; più
fiori sull’altare, più candele accese o meno; di organi o chitarre; di
cori angelici o cori rock… si tratta di vivere o meno la Santa Messa
come Sacrificio propiziatorio.
Finalmente, però,
di fronte a questi fatti, qualcuno aprirà gli occhi e dirà: «è vero,
dunque, che il rito della Messa divide!», infatti, ha ancora scritto
Magister: «un caposaldo del pontificato di Joseph Ratzinger è stato
incrinato. Da un’eccezione che molti temono – o auspicano – diventerà
presto la regola»[3].
Nel 1965 padre
Stefano Maria Manelli O.F.M. Conv. riscoprì e meditò le Fonti
Francescane e gli scritti di san Massimiliano Maria Kolbe. Fu così che
la vigilia di Natale del 1969 chiese al Superiore generale dei Frati
Minori Conventuali, padre Basilio Heiser, di avviare una nuova opera di
vita francescana. Il superiore assecondò l’istanza. Nella Regola sta
scritto: preghiera e povertà, penitenza e intenso lavoro di apostolato.
Ma che preghiera! E quale povertà! Quelle che toccano il Cuore di Dio e
fanno piovere grazie sulla terra, oggi così arida proprio perché invece
di vivere povertà e preghiera si declama il pauperismo e, invece di
pregare, si decanta la cosiddetta «dignità umana», il pacifismo,
l’ecumenismo, la libertà religiosa… e poi si calpesta la dignità di chi
rispetta la Fede, la speranza, la carità, le virtù teologali, le virtù
cardinali, i dogmi, la dottrina della Chiesa di sempre.
I Francescani
dell’Immacolata sopportano il duro freddo dei mesi invernali; calzano i
sandali con i piedi nudi, anche sotto l’acqua e nella neve. Per quanto
riguarda il nutrimento non si acquista nulla, ma si aspetta tutto dalla
Provvidenza. Molto rigore, eppure… un florilegio di vocazioni ed ecco
che il gruppo di frati viene riconosciuto dalla Chiesa: il 22 giugno
1990, solennità del Sacro Cuore di Gesù, l’allora Arcivescovo di
Benevento Mons. Carlo Minchiatti, «per decisione del Santo Padre» (cfr
Segreteria di Stato Prot. n. 258.501), firmò il decreto di erezione del
nuovo Istituto di Diritto diocesano, e il 23 giugno 1990, festa del
Cuore Immacolato di Maria, avvenne l’erezione effettiva dell’Istituto
presso il Centro La Pace di Benevento, con la professione dei voti di
circa 30 religiosi. La rapida crescita dello stesso ordine nel mondo e
le credenziali dei vescovi nelle cui diocesi si trovano le case
dell’Istituto, portò il 1º gennaio 1998, solennità della Madre di Dio,
al riconoscimento pontificio (cfr. CRIS Prot. n. B 242-1/94). La novità
proposta dal fondatore consiste nel «voto mariano», che viene emesso
nella professione religiosa al primo posto, seguito dai voti di castità,
povertà, obbedienza.
Il
carisma dell’Istituto è francescano-mariano, che consiste nel vivere il
francescanesimo alla luce dell’Immacolata secondo la Regola bollata di
San Francesco d’Assisi e la Traccia mariana di vita francescana, con la
consacrazione illimitata all’Immacolata, che riporta i religiosi alle
pure origini mariane del francescanesimo (Santa Maria degli Angeli) e ai
recenti esempi e insegnamenti di san Massimiliano Maria Kolbe (“folle”
dell’Immacolata e martire della carità), con una spinta particolare alla
missionarietà e all’uso dei mass-media per l’apostolato.
Quale sarà ora
l’atteggiamento che terranno i Francescani? Quello di rimanere fedeli
alla Tradizione della Chiesa? Oppure, come già hanno fatto altri in
passato, perché impauriti dalle sentenze e dalle drastiche misure nei
loro confronti, di cedere alle pressioni e alle minacce?
Qui non si tratta
di una disobbedienza, ma del contrasto fra due obbedienze: obbedire
agli uomini o a Dio. Nessuna norma di Santa Madre Chiesa può contenere
un danno alla salvezza delle anime; se lo contenesse cesserebbe ipso facto
di essere norma della Chiesa e sarebbe arbitrio personale degli uomini
di Chiesa che l’hanno varata. Questo, nel diritto canonico, non ha
unicamente valore etico, ma valore giuridico immediatamente applicabile.
Da ciò consegue che chiunque resista ad un comando ingiusto non viola
il diritto, ma lo applica e, a contrario, chi applica una norma ingiusta viola il diritto canonico.
A raddrizzare le
sorti della Chiesa in crisi solitamente sono i santi, mentre le autorità
costituite, di norma, tutelano e perpetuano le ricchezze della
Tradizione nei momenti di fulgore spirituale: pensiamo a Sant’Atanasio
nell’epoca dell’eresia ariana, così colpevolmente tollerata dai
Pontefici del tempo, in complice sudditanza con il potere politico; a
Santa Ildegarda di Bingen fra i catari e il lassismo di conventi e
monasteri, di Vescovi e Imperatori; all’energia restauratrice della
romana Sede Apostolica di santa Caterina da Siena, vincitrice della
pusillanimità pontificia nei confronti del Re di Francia; a san
Francesco d’Assisi, punta di lancia del dominio universale di Innocenzo
III, contro ogni forma di democraticismo pauperista e di supremazia
statolatrica nei confronti della Chiesa (quel san Francesco che
rivendica, di fronte al Sultano, il diritto dei crociati a muovere
guerra all’Islam ed ai suoi seguaci, non solo in Europa, ma anche in
Terra Santa, come testimoniato da Fra’ Tommaso da Celano, suo primo
biografo); ai santi della Controriforma, così strenuamente impegnati a
combattere e reprimere eresie e tentazioni esoteriche: da san Roberto
Bellarmino, confratello del regnante Pontefice, splendido accusatore nel
processo contro Giordano Bruno, a san Carlo Borromeo, grandiosa
personificazione della povertà e del sacrificio in privato, quanto della
magnificenza nell’adempimento delle sue funzioni di Vescovo, a san
Filippo Neri, consigliere dei Papi e sublime asservitore dell’ironia e
della gioia di vivere alla purezza di dottrina e di costumi, a san
Francesco di Sales, eroico leone della lotta anticalvinista nella stessa
Ginevra ed in tutte le terre circostanti.
Scriveva il
grande Cardinale Newman, che nell’assistere alla Messa antica nelle
chiese di Roma, di Sicilia e di Milano e nello studiare i Padri della
Chiesa si convertì al Cattolicesimo:
«È degno di
non poco rilievo il fatto che, sebbene, storicamente parlando, il quarto
secolo sia l’età dei dottori, illustrata com’è dai santi Atanasio ed
Ilario, i due Gregori, Basilio, Crisostomo, Ambrogio, Girolamo ed
Agostino (e tutti costoro anche santi vescovi), eccetto uno, nondimeno,
proprio in quel periodo la Tradizione Divina affidata alla Chiesa
infallibile, venne proclamata e conservata molto di più dai fedeli che
dall’episcopato»[4].
Non è forse ciò
che sta accadendo? Ma oggi i santi dove sono? Gli eroi della Fede dove
sono? Coloro che con parole e azioni sappiano manifestare la verità dove
sono? Forse la Divina Provvidenza, di fronte al crollo del
Cattolicesimo, ai suoi principi dottrinali e morali, sta chiamando i
Francescani dell’Immacolata alla resistenza? Che cosa avrebbe fatto al
loro posto san Paolo, che, come egli stesso dichiara ha apertamente
resistito a Pietro perché palesemente sbagliava[5]? Avrebbe ceduto alle superiori istanze gerarchiche o sarebbe rimasto fedele alla Fede per la quale esiste la Chiesa?
In
questa vicenda, apparentemente marginale, si gioca una partita di
grande importanza per l’evoluzione della crisi che attualmente travaglia
la Chiesa: si scontrano l’arbitrio, che trova unicamente nell’ideologia
rivoluzionaria conciliarista la sua ragion d’essere, ed il diritto
cristiano, che è tale perché discende dalla verità naturale e rivelata.
Molto bene ha messo in evidenza ciò Enzo Bianchi[6]
nel suo articolo di attacco calunnioso alla Fraternità Sacerdotale San
Pio X: l’unica vera ragione per proibire e/o anche solo ostacolare la
celebrazione della Santa Messa nel rito antico è che essa costituisce la
pietra d’inciampo sulla strada del cammino modernista. Di ciò si era
già ben avveduto san Pio da Pietrelcina, quando, all’indomani del
Concilio Vaticano II, si rifiutò di abbandonare la Messa di sempre,
nonostante gli ordini e le pressioni delle competenti autorità; tale
rifiuto fu tanto fermo da indurre Paolo VI ad ammirarne lo zelo di Fede e
la determinazione fino al punto da concedergli personale indulto.
Appare quindi evidente la grandissima responsabilità che incombe sui
Francescani dell’Immacolata, responsabilità che trova nel Padre
spirituale del loro fondatore[7]
lume di consiglio ed esempio di azione: essi si trovano posti di fronte
alla scelta fra il martirio dei santi della Chiesa, seme dei Cristiani,
e l’inutile martirio della propria consumazione fisica e spirituale
nell’iniqua obbedienza all’ingiustizia… il Crocefisso di Giotto, che
imperioso sta nella loro maestosa chiesa di Ognissanti a Firenze, li sta
a guardare.
[1]
Nota di Sandro Magister: «Curiosamente, ancora sei anni dopo la
pubblicazione, il motu proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI
continua a essere presente nel sito ufficiale della Santa Sede solamente
in due lingue e tra le meno conosciute: la latina e l’ungherese».
[2] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
[3] S. Magister, La prima volta che Francesco contraddice Benedetto, in:
[4] J.H. Newman, Gli ariani del IV secolo, Jaca Book-Morcelliana, Milano 1981, p.361.
[5] Cfr. Gal 2, 11.
[6] http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2575:la-fraternita-san-pio-x-ed-enzo-bianchi-il-santone-perde-lennesima-stupenda-occasione-per-star-zitto-di-cristina-siccardi&catid=61:vita-della-chiesa&Itemid=123
[7] Padre Stefano Manelli è figlio spirituale di Padre Pio, dal quale ebbe l’ispirazione di fondare i Francescani dell’Immacolata.
Fonte:
http://blog.messainlatino.it/2013/07/i-francescani-dellimmacolata-sulla.html